Rebibbia: smantellato il sistema di certificati falsi per Narcos

Operazione Libertà Fittizia: colpo al sistema criminale di Rebibbia

Un’operazione senza precedenti ha portato alla luce un complesso sistema criminale operante all’interno del carcere di Rebibbia, a Roma. Un patto oscuro tra medici, avvocati e persino uno psicologo, ha consentito la produzione di certificati falsi per agevolare narcos detenuti nell’ottenimento di misure alternative alla detenzione. L’inchiesta, che ha portato all’arresto di 32 persone, rappresenta un duro colpo per il sistema penitenziario italiano e apre interrogativi sulla corruzione tra professionisti di alto livello.

Roma, 32 arresti a Rebibbia: medici e avvocati coinvolti.Patto criminale a Rebibbia: certificati sanitari contraffatti. Scandalo a Rebibbia: spaccio e corruzione gestiti dall’interno.
Scoperto il sistema di falsificazione per Narcos detenuti.

Rebibbia: corruzione e crimine nel cuore del Sistema Penitenziario

Gli investigatori hanno scoperto che i certificati falsificati venivano utilizzati per far apparire i detenuti in condizioni di salute incompatibili con il regime carcerario. Tali documenti venivano poi presentati al tribunale per ottenere trasferimenti in domiciliari o altre forme di detenzione meno severe. In alcuni casi, i narcos riuscivano addirittura a tornare in libertà, continuando a gestire le loro attività illecite direttamente dall’esterno.

Tra gli arrestati figura uno psicologo, il cui ruolo era cruciale nel creare profili psicologici falsi che giustificassero la necessità di trattamenti fuori dal carcere. Ma non è tutto: l’organizzazione includeva medici corrotti che redigevano certificazioni sanitarie contraffatte, avvocati che ne curavano l’aspetto legale, e intermediari che garantivano il passaggio sicuro dei documenti. Questo sistema ben oliato dimostra come la criminalità organizzata possa infiltrarsi anche in ambienti apparentemente insospettabili.

Le indagini hanno rivelato che il controllo dello spaccio di droga avveniva direttamente dall’interno del carcere. I narcos detenuti utilizzavano telefoni cellulari e altre tecnologie illecite per impartire ordini ai collaboratori esterni, garantendo così la continuità del traffico di sostanze stupefacenti. Le intercettazioni hanno giocato un ruolo chiave nello smantellamento di questa rete, mostrando come i vertici del sistema fossero in grado di gestire le operazioni senza mai uscire dalle mura di Rebibbia.

L’operazione delle forze dell’ordine, denominata “Libertà Fittizia”, ha coinvolto mesi di pedinamenti, intercettazioni e analisi di documenti. Gli investigatori hanno messo in evidenza come la complicità tra professionisti e detenuti sia stata determinante per il successo del piano criminale. Gli arresti effettuati rappresentano solo l’inizio di un percorso giudiziario che potrebbe portare a ulteriori sviluppi e nuove incriminazioni.

Questo scandalo solleva importanti questioni sulla sicurezza nelle carceri italiane e sulla necessità di monitorare più attentamente il comportamento di professionisti come medici, avvocati e psicologi che operano in contesti delicati. Il caso di Rebibbia è un monito per il sistema giuridico e penitenziario, evidenziando la vulnerabilità delle istituzioni di fronte alla corruzione. L’auspicio è che questa vicenda serva da punto di partenza per un rafforzamento dei controlli e per una maggiore trasparenza nelle procedure.

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