Roma, italiani finti papà per mamme straniere: indagini in corso

False paternità per permessi di soggiorno: scoperto il raggiro

Finte paternità per permessi di soggiorno – Una truffa ben congegnata e portata avanti per mesi con uno scopo preciso: garantire il permesso di soggiorno alle neo mamme straniere. È quanto emerso da un’indagine condotta dal commissariato Viminale di Roma, che ha portato alla luce un sistema basato su false dichiarazioni di paternità. Alcuni uomini italiani, in cambio di somme che arrivavano fino a 3mila euro, si dichiaravano padri dei neonati partoriti da donne straniere senza documenti regolari. Un meccanismo che mirava a semplificare e velocizzare l’iter burocratico per la regolarizzazione.

Il sistema scoperto dalla polizia – Gli investigatori hanno ricostruito con precisione il modus operandi della truffa. Dopo il parto, l’uomo italiano si recava negli uffici anagrafici dell’ospedale e, senza destare sospetti, riconosceva il neonato come proprio figlio. In questo modo, alla madre veniva riconosciuto un diritto di soggiorno per motivi familiari, evitando così eventuali espulsioni. Un meccanismo apparentemente semplice, ma con profonde implicazioni legali ed etiche. Le autorità sono riuscite a identificare diversi casi con lo stesso schema, facendo scattare controlli incrociati tra ospedali e uffici comunali.

Commissariato Viminale smaschera la truffa delle paternità fittizie. Mamme straniere e neonati usati per aggirare la legge. Falsi riconoscimenti in ospedale: blitz della polizia a Roma.
Una truffa sulla pelle dei più fragili: inchiesta della polizia a Roma.

Pagavano fino a 3mila euro per ottenere il permesso di soggiorno

Un business da migliaia di euro – Secondo quanto emerso dalle indagini, il riconoscimento di paternità veniva effettuato dietro pagamento. Le tariffe variavano a seconda dei casi, ma in alcuni episodi è stato accertato un compenso di circa 3mila euro per ogni “finta” dichiarazione. I falsi padri non avevano alcun legame affettivo o familiare con la madre o il bambino. Si trattava, a tutti gli effetti, di un vero e proprio business fondato sulla disperazione delle donne straniere e sulla complicità di uomini italiani disposti a tutto pur di guadagnare.

Le indagini del commissariato Viminale – L’operazione è stata condotta dagli agenti del commissariato Viminale, che dopo alcune segnalazioni sospette hanno avviato una complessa attività investigativa. I controlli si sono concentrati soprattutto sugli ospedali della Capitale, dove si sono registrati numerosi riconoscimenti di paternità anomali. Le incongruenze nei dati anagrafici e i mancati riscontri familiari hanno acceso i sospetti. Dopo settimane di indagini, il puzzle si è ricomposto e il raggiro è stato smascherato. Ora gli inquirenti stanno valutando le posizioni dei soggetti coinvolti.

Conseguenze penali per i responsabili – Chi ha preso parte alla truffa rischia gravi conseguenze penali. Le accuse vanno dal falso ideologico in atto pubblico all’induzione in errore della pubblica amministrazione, con possibili aggravanti legate all’immigrazione clandestina. Non è escluso che, in caso di ulteriori approfondimenti, vengano alla luce altri casi simili, non solo a Roma ma anche in altre città. Le forze dell’ordine stanno lavorando per accertare l’eventuale coinvolgimento di intermediari o di vere e proprie reti organizzate.

Una vicenda che riapre il dibattito sull’immigrazione – Questo episodio riporta al centro il tema, complesso e delicato, dell’immigrazione e della gestione dei diritti delle persone straniere sul territorio italiano. La storia delle false paternità racconta una realtà fatta di bisogno, vulnerabilità e, purtroppo, anche di sfruttamento. Mentre le indagini proseguono, resta aperto il dibattito su come garantire percorsi di integrazione più giusti e umani, senza lasciare spazio a scorciatoie pericolose o a speculazioni sulla pelle dei più fragili.

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